La psicologia scientifica può essere definita variamente come studio dell’esperienza cosciente, dell’attività mentale, delle funzioni e dei processi cognitivi, del comportamento. Tali definizioni non sono equivalenti: esse differiscono perché rimandano a concezioni epistemologiche, metodologiche e ontologiche diverse (Battacchi, 2006). La psicologia non è un settore del sapere unitario e omogeneo e i ricercatori, sia in ambito teorico che clinico, partono da paradigmi diversi per spiegare il comportamento delle persone (Legrenzi, 1999). Il criterio di scientificità utilizzato e la definizione di mente adottata non cambiano solo l’oggetto di studio, bensì anche il metodo e l’oggetto d’osservazione ritenuto intersoggettivamente controllabile. Per capirci qualcosa, abbiamo bisogno dell’epistemologia che, insieme alla filosofia della scienza, è la disciplina che si propone di attuare un’attenta riflessione intorno ai principi e al metodo della conoscenza scientifica (Zingarelli, 2000).
Indice
- L’oggetto triadico della psicologia
- I principali livelli esplicativi in psicologia
- Un litigio lungo più di un secolo
- Cause o ragioni?
- Mente e cervello: il dualismo esplicativo
- Il dualismo esplicativo e la pratica clinica
- Il postmodernismo
- Alla ricerca di nuove vie esplicative
L’oggetto triadico della psicologia
L’oggetto della psicologia può essere definito un oggetto triadico con ai vertici, le tre grandi classi di fenomeni studiati all’interno dei suoi vari orientamenti: il comportamento, le esperienze e la cultura (Battacchi, 2006).

Queste tre dimensioni sono connesse e interdipendenti tra loro e insieme permettono di delineare l’oggetto principale, e a volte dimenticato, della psicologia: la persona (la soggettività, o meglio, l’esperienza di ‘esser-ci’). La persona si esprime, o esprime la propria esperienza, tramite il comportamento, il quale a sua volta produce cultura. La cultura, d’altra parte, dà testimonianza del comportamento e ne regola l’esperienza. Infine l’esperienza, o mondo soggettivo, dà senso al comportamento e ai suoi prodotti culturali e in essi si esprime (Battacchi, 2006).
Concentrarsi ‘solamente’ su uno dei tre vertici, può fornire analisi utili, ma pur sempre parziali, che reificano un aspetto a discapito degli altri.
I principali livelli esplicativi in psicologia
Spiegare un fenomeno significa chiarire le condizioni sufficienti, o almeno necessarie, al verificarsi del fenomeno stesso. Le condizioni esplicative possono essere direttamente osservabili o inferite tramite la teorizzazione di processi non osservabili. Seguendo le argomentazioni di Battacchi (2006), verranno presentati quelli che sono considerati i tre grandi orientamenti esplicativi che attraversano il campo di studi della psicologia. Questi orientamenti saranno chiamati per convenzione: 0, +1 e -1.
Livello 0: la spiegazione dei tuoi comportamenti è psicologica
Al livello 0, I fenomeni psicologici sono spiegati da condizioni presenti al medesimo livello epistemologico. Siamo di fronte a spiegazioni psico-psicologiche (Gopnik, 1993). In altri termini, si spiega la psicologia con la psicologia.
Si può spiegare un disturbo psicologico in base ad esperienze traumatiche (psicologia clinico-dinamica), o un disturbo del comportamento come un’abitudine disfunzionale appresa (comportamentismo) o come un deficit dei processi cognitivi (cognitivismo).
Livello +1: la ‘causa’ dei tuoi comportamenti è sociale
A livello +1, invece, i comportamenti e le esperienze sono compresi analizzando il contesto relazionale e socio-culturale in cui l’individuo è inserito.
Le influenze del contesto, mediate dal linguaggio, sono potenti fin dalla nascita, se non prima. Tale orientamento esplicativo evidenzia i nessi causali fra condizioni culturali e interazioni sociali da una parte ed esperienze e comportamenti specifici dall’altra.
Esempi di quest’approccio conoscitivo sono: la scuola storico-culturale russa fondata da Vygotskij, la psicologia ecologica di Bronfenbenner, l’interazionismo sociale di Mead, il costruttivismo di Kelly e il costruzionismo sociale di Gergen.
Livello -1: la causa è nel cervello
Al livello -1, al contrario, i comportamenti e le esperienze sono considerati come fenomeni messi in atto da corpi biologici e per tanto si cercano le cause materiali e fisiologiche degli eventi e dei processi psicologici. A questo livello la psicologia s’interessa allo studio del sistema nervoso e rientra nel campo delle scienze naturali. In altre parole, si cercano le cause neurofisiologiche del comportamento e delle esperienze. Lo stesso Freud, nel 1895, aveva aderito, con il suo Progetto di una psicologia, a questa prospettiva per poi accantonarla a causa delle difficoltà insormontabili che tale ricerca incontrava per la tecnologia sperimentale del tempo.
Un litigio lungo più di un secolo
Questi diversi orientamenti esplicativi si sono spesso scontrati e messi in contrapposizione. Ogni approccio si contende il primato della vera spiegazione dei fenomeni psicologici indagati. Come scrive Marhaba (1976, p.29), “mentre il fisico ha a che fare con teorie fra loro antagoniste, ma tutte interne al medesimo sistema di riferimento, lo psicologo deve scegliere fra sistemi di riferimento diversi e contrapposti. In altre parole, il tessuto epistemologico della psicologia è coperto di lacerazioni, a differenza di quello sostanzialmente unitario delle scienze naturali tradizionali.”
Buona parte delle discussioni presenti nella filosofia della mente contemporanea verte sul problema di come conciliare una visione materialistica del mondo, con la natura apparentemente immateriale dei fenomeni psicologici (Kim, 2000). Il dualismo mente-corpo, da Cartesio in poi, pone questioni filosofiche importanti: d’altra parte le proprietà della materia, nel nostro caso il corpo, e le proprietà del mentale sono radicalmente diverse. Non essendoci, da un punto di vista logico, alcuna proprietà condivisa da mente e corpo, ci si chiede come possano interagire (Gozzano, 2007)
Il primo ad introdurre tale questione nella filosofia analitica contemporanea è H.Feigl, nel suo saggio “The ‘Mental’ and the ‘Physical’”del 1958.
I criteri per mentale e fisico (da Feigl, 1967, p. 29):
Mentale | Fisico |
---|---|
Soggettivo(privato) | Oggettivo (pubblico) |
Non spaziale | Spaziale |
Qualitativo | Quantitativo |
Dotato di scopo | Meccanico |
Mnestico | Non mnestico |
Olistico | Atomistico |
Emergente | Composizionale |
Intenzionale | ‘Cieco’, Non Intenzionale |
Cause o ragioni?
Tale questione può essere riassunta nella domanda: il comportamento è causato da ragioni qualitative o da cause quantitative?
Ad esempio, la depressione dipende da motivazioni e ragioni dipendenti dalla storia relazionale di un individuo o è determinata dallo stato biochimico del cervello? E quale rapporto intercorre tra i fenomeni mentali e gli stati cerebrali? In altre parole, quale ruolo attribuire alla mente in una prospettiva metafisica scientifica che contempla solo l’esistenza del fisico?
Arrivati a questo punto, si può comprendere che i due livelli esplicativi, 0 e -1, non parlano dello stesso fenomeno. Mente e cervello non sono la stessa cosa ed è necessario comprendere quali sono le differenze tra i due. Scrive Gabbard (2000b, tr. it. 2007, p.5): “Prima di tutto, il cervello può essere osservato da una prospettiva in terza persona. Può essere rimosso dal cranio e pesato durante un’autopsia; può essere sezionato ed esaminato sotto un microscopio. Al contrario, la mente è percepita soggettivamente e può essere conosciuta solo dall’interno; è un entità personale e privata.”
Mente e cervello: il dualismo esplicativo
Ci troviamo di fronte, quindi, ad una nuova forma di dualismo, non più ontologico, come quello cartesiano, bensì epistemologico, basato sul costrutto del dualismo esplicativo (Kendler, 2001). Tale costrutto, in linea con ciò che è stato proposto nel paragrafo precedente, riconosce che esistono due modi di conoscere il processo mente-cervello, che portano a due differenti tipi di spiegazione: un tipo di spiegazione, è psicologica e in prima persona, mentre la seconda è biologica e in terza persona. Come afferma Gabbard (2000b, tr. it. 2007, p.5): “Nessuno dei due approcci è di per sé in grado di fornire una spiegazione completa ed esauriente.”
A complicare la situazione, neppure coscienza e mente sono sinonimi (Damasio 2003). Infatti, ci sono forti evidenze empiriche che i processi mentali possono continuare anche in condizioni in cui lo stato di coscienza è compromesso.
Il dualismo esplicativo e la pratica clinica
I riferimenti alla mente e al cervello sono diventati una specie di codice, o, modi di pensare, entrambi utili per comprendere la realtà delle persone e del loro trattamento in ambito clinico e psichiatrico (Gabbard, 2005). Se si accetta tale situazione, le varie contrapposizioni tra mente e cervello, biologico e sociale, geni e ambiente, non divengono dicotomie insuperabili, bensì i poli, gli estremi, di un unico discorso integrato. Tali presunte dicotomie tendono in realtà a disgregarsi quando studiamo problemi clinici in psichiatria (Gabbard, 2000b).
Sebbene possa sembrare un’integrazione ‘sporca’, è pur sempre necessaria per comprendere al meglio fenomeni di confine, quale l’effetto placebo, le malattie psicosomatiche e più in generale i disturbi psicologici. Come si potrebbe comprendere una depressione senza l’esperienza soggettiva o la psicologia in prima persona? O come spiegare le reazioni comportamentali legate all’assunzione di farmaci senza un adeguato studio del cervello?
Dobbiamo riconoscere, citando sempre Gabbard (2000b, tr. it. 2007, p.5), che “il fatto di considerare la psicoterapia e la terapia farmacologia come trattamenti destinati rispettivamente a disturbi di origine ‘psicologica’ o ‘biologica’ è frutto di una contrapposizione artificiosa e poco plausibile.”
D’altra parte è stato ben documentato l’impatto della psicoterapia sul cervello (Gabbard, 2000).
Il postmodernismo
Nella psicologia contemporanea, date le contraddizioni appena esposte, sono nati diversi approcci che si sono opposti al paradigma scientifico basato sull’ontologia delle scienze naturali tradizionali, e per questo vengono definiti ‘post-moderni’. Per la volontà di considerare la specificità della condizione umana.
In modo alquanto generico, con questo termine, ci si riferisce “a tutte quelle correnti culturali (artistiche, filosofiche, scientifiche) che riconoscono l’insufficienza del pensiero ‘moderno’ nel rendere conto della condizione umana e attribuiscono il fallimento a un eccesso di razionalismo, alla fiducia cieca e totalizzante nella scienza [e nel metodo scientifico] e nel progresso cumulativo delle conoscenze”(Armezzani, 2002, p.9).
Questo approccio post-moderno rivendica “la possibilità di una conoscenza priva di fondamenti certi e assoluti, la molteplicità delle prospettive, la costruzione sociale dei saperi”(Armezzani, 2002, p.9).
Alla ricerca di nuove vie esplicative
Torneremo molto su questi argomenti, da una prospettiva diversa. Fare chiarezza su questi e altri concetti, è fondamentale. E vi proporremo una prospettiva fenomenologica ed ermeneutica.
La fenomenologia ermeneutica è un approccio filosofico che si occupa dell’interpretazione della realtà e della comprensione del senso delle cose. Deriva dalla fenomenologia, una corrente filosofica che si concentra sulla descrizione e sull’analisi dei fenomeni come vengono percepiti dal soggetto che li osserva, senza fare ricorso a concetti o categorie a priori. L’ermeneutica, invece, è la disciplina che si occupa dell’interpretazione dei testi, scritti o orali.
La fenomenologia ermeneutica unisce quindi questi due approcci filosofici, promuovendo un attività metodologicamente orientata di studio e interpretazione della realtà attraverso una costante attività di contestualizzazione dei fenomeni presi in esame.
Bibliografia
M. Armezzani, Esperienze e significato nelle scienze psicologiche, Editori Laterza, Bari 2002
G. Boniolo, M. Dalla Chiara, G. Giorello, C, Sinigaglia, S. Tagliagambe, Filosofia della scienza, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002.
Battacchi, M.W. (2006). La conoscenza psicologica. Carocci editore S.p.A.: Roma.
Campbell, D. T. (1974). ‘Downward Causation’ in Hierarchically Organised Biological Systems”, in F.J. Ayala & T. Dobzhansky (Eds.), Studies in the Philosophy of Biology. University of California: Berkeley.
Legrenzi, P. (1980). Storia della psicologia. Il Mulino: Bologna.
S.Tagliagambe, L’epistemologia contemporanea, Editori Riuniti, Roma 1991
Zingarelli, N. (2000). Vocabolario della lingua italiana. Zanichelli Editore: Milano