L’attività fisica, la meditazione, la dieta sono in grado di modificare in modo positivo la chimica del nostro cervello, senza dipendere da farmaci e industrie farmaceutiche. Riportiamo un passo significativo del libro Il manicomio chimico, in cui lo psichiatra Piero Cipriano ci spiega bene il suo punto di vista in merito. Riporto questo passo decisamente critico verso le attuali prassi cliniche italiane, perché riteniamo la testimonianza di Cipriano decisamente significativa, sia per la sua formazione specialistica in psicofarmacologia, sia per il suo ruolo attivo nel campo (o forse sarebbe meglio dire ‘sul fronte’) della clinica psichiatrica.
Riappropriarsi del proprio benessere, utilizzando i farmaci solo quando necessario, è un obiettivo fondamentale per migliorare lo stato di salute di chi soffre di ansia, depressione e stress, evitando faticose dipendenze e fastidiosi (e a volte iatrogeni) effetti collaterali legati all’assunzione di farmaci.
In questo articolo, incrociamo le riflessioni critiche del dott. Cipriano con i dati e le riflessioni della ricerca scientifica e del Rapporto pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco sul consumo di ansiolitici e antidepressivi.
Buona lettura.
Indice
- Il nostro cervello produce molecole
- Farmaci per ansia e depressione: sono efficaci?
- Riflessioni cliniche
- Antidepressivi: i dati del consumo
- Ansiolitici: un consumo dilagante e poco controllato
- Psicofarmaci: indicazioni per non abusarne
Il nostro cervello produce molecole
“Il nostro cervello produce molecole che hanno effetto sull’umore, sui pensieri, sulle percezioni. Da molti anni sappiamo che derivati dell’oppio, come la morfina o l’eroina, si legano ad alcuni recettori cerebrali: i recettori per gli oppiacei.
Ma perché dovremmo avere, nel nostro cervello, recettori per molecole derivate dall’oppio?
“Perché il cervello produce sostanze simili all’oppio, che determinano effetti oppiacei, appunto: piacere, euforia, riduzione del dolore. Le endorfine. Per cui ecco che alcune persone, incapaci di prodursi endorfine, sono più facilmente inclini a diventare dipendenti dagli oppiacei esogeni. Altre, invece, hanno trovato il modo per inebriarsi delle proprie endorfine, con la corsa o la meditazione, per esempio. Io sono tra questi.“
La chimica endogena
“È da un pò di anni che consiglio a molti miei pazienti, ma anche ad amici e parenti, e pure a mia moglie (ma con lei è una causa persa, nemo propheta in patria), di correre, o nuotare, o andare in bicicletta, o alla peggio, se proprio la pigrizia è tanta oppure l’artrosi da impedimento, passeggiare. Perchè l’ho sperimentato, fa bene.
I farmaci psicotropi, invece, rendono le persone degli obesi letargici. Ciò è dimostrato. Invece i pazienti, bisognerebbe persuaderli a correre, o almeno camminare. Perché ciò che le case farmaceutiche o molti dottori al loro servizio non dicono è che ognuno, camminando, o correndo, o nuotando, o pedalando, si produce da sé i propri oppiodi endogeni, e la loro dopamina, e la propria serotonina, senza comprarla dalle case farmaceutiche.“
“Invece sono circondato da dottori che riempiono i poveri pazienti di antipsicotici, antidepressivi e ansiolitici che li rallentano, li fanno mangiare, li fanno ingrassare, e dopo 5 anni sono grassi, più grassi del loro terapeuta che gli ha allevati a psicofarmaci, e poi fumano i dottori, eppure i loro pazienti fumano e poi sono sedentari i dottori e lo stesso i loro pazienti, li vogliono grassi, spenti, lenti, moribondi come loro.“
Farmaci per ansia e depressione: sono efficaci?
Irving Kirsch è il ricercatore che ha dimostrato in modo inequivocabile, attraverso ricerche condotte nei due decenni a cavallo del secolo, che gli antidepressivi di nuova generazione sono poco efficaci.
Le sue ricerche hanno dimostrato in modo inequivocabile, l’inesattezza delle teorie scientifiche sui disturbi mentali più affermate e la scarsa efficacia degli psicofarmaci, se presi in assenza di un’adeguata valutazione complessiva della situazione.
O meglio: i risultati indicano che il miglioramento dovuto al placebo, aveva una dimensione pari all’82%, e quindi che solo il 18% della risposta positiva era dovuta all’SSRI. L’efficacia, in altre parole, dipendeva dal placebo per l’80-90% (che nell’ambito della Salute Mentale indica il fondamentale rapporto di fiducia con il medico).
Gli ansiolitici, invece, sono molto efficaci nel breve termine (mentre gli antidepressivi agiscono dopo/tre settimane dalla prima assunzione), però presentano dei problemi enormi sul medio-lungo termine legati a fenomeni di dipendenza e assuefazione.
“Kirsch e collaboratori scoprirono però anche che più della metà (il 57%) degli studi finanziati dalle case farmaceutiche allo scopo di dimostrare l’efficacia degli SSRI, avevano dimostrato che gli SSRI erano uguali o inferiori al placebo, e gran parte di questi dati non furono mai pubblicati: è stato possibile conoscerli solo grazie all’esame del materiale che la FDA dovette consegnare grazie al Freedom of Information Act. L’esclusione di questi studi crea un importante effetto di distorsione che spesso viene trascurato. Inoltre è stato dimostrato che non vi è un aumento di efficacia parallelamente all’aumento della dose di SSRI, altro dato che depone in favore dell’ipotesi della loro efficacia sostanzialmente come placebo.”
Quanto sono efficaci i farmaci antidepressivi? Paolo Migone
Riflessioni cliniche
“Una pratica clinica basata esclusivamente sull’uso di farmaci non è altro che un aspetto di una più vasta cultura medica altrettanto basata, come Balint (1956) ci ha insegnato, su una concezione antiscientifica della malattia” (vedi Migone, 2009), in generale, e del disturbo mentale, nello specifico.
Una visione che ignora e non riconosce la dinamica effettiva che produce l’insorgenza della sintomatologia. E disconosce le importantissime implicazioni relazionali, emotive e contestuali in cui si inserisce il disturbo, è pericolosa per la nostra salute.
Due punti fermi:
- lo psicofarmaco è un supporto utile a livello sintomatico. Tuttavia, non agisce sulle reali cause del disturbo. Diversamente, agisce sul substrato biologico per supportare, contenere e aiutare a gestire stati emotivi e sintomi intesi. Può essere utile nei momenti di crisi, ma dovrebbe prevedere fin da subito, step, monitorati da un punto di vista clinico, per un successivo e concordato scalaggio.
- Lo psicofarmaco è connesso alle aspettative. In Saute Mentale, l’effetto placebo si riferisce alla capacità del contesto di supporto di ri-generare speranza, rispondere a bisogni e desideri, creare senso attorno a quanto sta accadendo, fornendo un ‘orizzonte’ chiaro e rassicurante sulle modalità di affrontare la sofferenza. Se ci sono questi aspetti, il farmaco può divenire utile.
Tuttavia, purtroppo, è una situazione rara. E, attualmente, vengono spesso utilizzati in modo improprio, come l’unica, vera, cura, data dopo un colloquio di un quarto d’ora.
Antidepressivi: i dati del consumo
Metà degli utilizzatori ha un’età superiore ai 67 anni senza particolari differenze regionali e, ogni soggetto, rimane in media in trattamento per 8 mesi, anche se metà fa uso di farmaci antidepressivi per meno di 6 mesi e uno su dieci riceve una sola prescrizione (12,2%), ad indicare come spesso questi farmaci vengano prescritti per condizioni cliniche non legate alla patologia depressiva, ma che potrebbero essere trattate con approcci di tipo non farmacologico.”
Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. L’uso dei Farmaci in Italia. Rapporto Nazionale Anno 2021.
Roma: Agenzia Italiana del Farmaco, 2022
Il 27 % di questi, ha una ‘bassa aderenza’ al trattamento (in altre parole, non segue le indicazioni di prescrizione del farmaco).
Ansiolitici: un consumo dilagante e poco controllato
“Negli ultimi anni si è assistito in Italia, come in molti altri Paesi, ad un crescente utilizzo di farmaci sedativo‐ipnotici e ansiolitici, soprattutto di tipo benzodiazepinico, che ha stimolato un forte dibattito in merito a un uso più razionale. Il Rapporto OsMed del 2019 ha messo in luce come le benzodiazepine, così come gli ipnotici non benzodiazepinici, siano tra i farmaci di classe C maggiormente acquistati dai cittadini e come siano caratterizzati da un’eterogeneità nei consumi a livello regionale. L’incremento nell’utilizzo è dovuto ad una serie di cause di varia natura, tra cui l’aumento delle patologie legate allo stress, l’abitudine e la convinzione di risolvere la problematica ricorrendo al trattamento con queste sostanze, ma anche ad un limitato controllo e ad un approfondimento non sempre adeguato della condizione del paziente da parte dei prescrittori.”
Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. L’uso dei Farmaci in Italia. Rapporto Nazionale Anno 2021.
Roma: Agenzia Italiana del Farmaco, 2022
Psicofarmaci: indicazioni per non abusarne
Riprendiamo le parole, tratte dal libro dell’amico Piero Cipriano (“Il manicomio chimico. Cronache di uno psichiatra riluttante”. Piero Cipriano, Elèuthera, 2015.)
“Eppure, due secoli fa, un medico scozzese, si chiamava William Buchan, sapete che suggeriva nel suo libro Domestic Medicine?
Consigliava di fare attività ginnica all’aria aperta e di fare attenzione alla dieta, perché questo è un metodo di cura migliore delle medicine.
E le autorità mediche inglesi dal 2004 hanno stabilito che gli antidepressivi non sono necessari nelle depressioni lievi e moderate, ma solo nelle forme gravi.
Per cui, nelle depressioni lievi o moderate, prescrivono un programma di attività fisica supervisionato da un istruttore per sei mesi.
Ora, penso ai nostri medici di medicina generale, per lo più (mal)informati dai (mal)informatori delle case farmaceutiche, che a ogni minimo inceppo esistenziale, stress o lutto, prescrivono, senza pensarci due volte, gli antidepressivi, i SSRI, o le benzodiazepine, e smentitemi se potete, creando un esercito di clienti della farmacia psichiatrica, di dipendenti degli psicofarmaci, di drogati (ma sì, diciamolo) mentre i loro colleghi del Regno Unito, più saggiamente, prescrivono cicli di attività fisica.”
