La psicologia cognitiva post-razionalista: un pò di storia

La psicologia cognitiva post-razionalista: un pò di storia

La psicologia cognitiva Post-Razionalista è un ambito di ricerca e pratica clinica che connette saperi in apparenza lontani quali la fenomenologia ermeneutica, le neuroscienze e la sociologia per ri-definire e ricomprendere l’esperienza pratica di vita, la traiettoria dell’identità personale, e fornire un senso ‘esistenziale’ e storico alla sofferenza e ai sintomi psicopatologici più diffusi nella pratica clinica. Tale ri-comprensione avviene all’interno di un quadro concettuale in grado di far dialogare l’esperienza in prima persona dei pazienti con gli odierni dati ‘oggettivi’ della ricerca scientifica.

Tuttavia, come ogni ambito di ricerca, per comprenderne fino in fondo l’impostazione, dobbiamo ricostruirne la genesi, ossia la storia del percorso intellettuale che ha portato a determinati concetti e metodologie.

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Indice


L’inizio della psicologia cognitiva postrazionalista

La psicologia post-razionalista nasce grazie al fondamentale lavoro di Vittorio Guidano (1944 – 1999) e si contraddistingue per il superamento del paradigma empirista: la realtà, in questa matrice epistemologica, non viene più ritenuta oggettiva ed oggettivamente definibile, bensì è considerata come il prodotto dell’interazione tra osservatore e ambiente.

In altre parole, l’individuo non reagisce passivamente agli stimoli dell’ambiente concepito come una realtà unica e uguale per tutti, esistente indipendentemente dall’osservatore e caratterizzata da un ordine in cui il senso delle cose è oggettivo ed esterno alle costruzioni della mente umana, concepita come mero recettore di quest’ordine.

Diversamente, la psicologia cognitiva post-razionalista sposa un paradigma che si contrappone a questa visione, mettendo in evidenza, attraverso la nozione di complessità (vedi cibernetica), un approccio in cui le persone hanno un ruolo attivo nella costruzione della propria realtà.

Le persone possono autodeterminarsi e autorganizzarsi secondo regole uniche e particolari.

Regole che evolvono e mutano, rimanendo però sempre all’interno di principi organizzativi che gli sono propri.

I principali autori che hanno ispirato il lavoro di V.Guidano

In questa impostazione si rifiuta quindi l’epistemologia nordamericana e la cornice psicoanalitica europea, ponendosi nella tradizione della psicologia costruttivista. Guidano motiva in modo esauriente questa scelta raccogliendo le riflessioni provenienti da diverse discipline che condividono questa svolta epistemologica e metodologica. Psicologia, biologia, neurofisiologia, sociologia, antropologia, cibernetica, fenomenologia e filosofia sono le principali discipline che il post-razionalismo mette in dialogo per giungere a nuove sintesi operative.

Charles H. Cooley, George Mead, John Bowlby, George Kelly, Sylvan Tomkins, Michael Polanyi, Imre Lakatos, Karl Popper e Walter Weimer gli autori che hanno influenzato Guidano insieme ai fondamentali contributi di Williams James e Jerome Bruner, uno dei pionieri dello studio del pensiero narrativo negli Stati Uniti.

Significato e organizzazione del Sé

Su queste basi Guidano sviluppa un nuovo modo di concepire la pratica clinica e la ricerca scientifica in psicologia, articolata nell’opera “The Self in Process. Toward a Post-Rationalist Cognitive Therapy “(1991).

Come scrive l’autore: “Il significato si produce soltanto grazie all’interazione conversazionale che l’individuo ha con gli altri. Il significato si produce nella trama narrativa delle conversazioni di cui è composta la vita umana (…). Il significato è il modo con il quale il Sé organizza la propria esperienza, costituisce un modo di darsi coerenza e consistenza nel contesto al quale appartiene.”

Ne esce una visione che vede l’individuo attivo costruttore delle proprie conoscenze e dei propri modi di interagire con la realtà.

Una visione in cui l’individuo ha a che fare con una conoscenza tacita, non verbale e inconsapevole, che influenza e organizza la propria percezione di Sé e del mondo.

Co-determinando la temporalità esistenziale in una forma narrativa specifica.

Sé pre-riflessivo e sé narrativo

Guidano mette al centro dell’identità personale la costante dialettica e interazione tra un Sè esperienziale, che percepisce in modo immediato e preriflessivo il mondo, ed un Sè narrativo, che organizza tali esperienze in una trama sensata e da ordine alle informazioni senso-motorie, divenendo guida fondamentale nella risposta e nelle azioni che verranno intraprese dalla persona. Più tale trama diviene coerente e complessa, più è in grado di padroneggiare e guidare le complesse percezioni dell’esperienza diretta di vivere. Percezione che precede sempre qualsiasi valutazione cognitiva.

Compito del clinico diviene quello di rintracciare le modalità con cui la persona costruisce la propria visione del mondo, ossia le diverse organizzazioni di costruzione del significato personale. Organizzazioni ‘tacitamente’ apprese nel corso della propria vita.

E che si riattualizzano nel presente per filtrare nuovi ed inediti eventi che mettono in discussione una determinata visione del mondo/di se stessi.

Il secondo postrazionalismo: la svolta ontologica

E in questo contesto teorico che si sviluppa quella che può essere definita la svolta del secondo postrazionalismo. Svolta teorica e pratico-attuativa portata avanti dal dott. Giampiero Arciero, direttore dell’Istituto di ricerca in Psicologia Cognitiva Post-Razionalista (IPRA).

Nel secondo postrazionalismo di G. Arciero, assume un ruolo fondamentale, da un punto di vista ontologico e metodologico, la fenomenologia ermeneutica. In questa prospettiva, le organizzazioni di significato personali vanno ricondotte sempre all’esperienza in prima persona del paziente. E più specificatamente, alla singolare storia di vita della persona a cui quell’organizzazione si riferisce.

Questo è fondamentale nella pratica clinica, ma lo è anche nella ricerca neuroscientifica.

La ricerca, infatti, tende a ridurre l’esperienza soggettiva delle persone a variabile da eliminare, riducendone la complessità attraverso metodologie statistiche.

Le persone sono un ‘chi’

Il secondo postrazionalismo si basa quindi su una svolta ontologica: la persona non può essere concepita con i concetti e i principi che si utilizzano per studiare e comprendere ‘le cose’, gli oggetti.

Le persone sono sempre un ‘chi’, concreto e storicamente determinato, che va compreso a partire dall’esperienza in prima persona di quel particolare punto di vista. L’esperienza viene vista e concepita attraverso caratteristiche proprie sempre ignorate dalla ricerca scientifica.

Il ‘sé’ non è quindi un oggetto, un processo disincarnato, un modulo organizzativo come può essere concepito il software di un computer.

E’ l’esperienza di ‘essere sé’, indissolubilmente legata ad un’esistenza specifica, ad un mondo storico ed esistenziale che ne fornisce un orizzonte interpretativo, che non va ignorato. In quanto costituisce la cornice di significato più propria del fenomeno che si sta indagando.

Lo studio dell’ipseità

Si introducono nella pratica clinica e nella ricerca termini quali ipseità, medesimezza e identità narrativa.

I diversi modi di organizzare l’esperienza acquistano senso solo alla luce dell’esperienza pratica di vita delle persone, esperienza sempre singolare e unica, esperienza che si basa su una conoscenza pre-riflessiva, guidata dai processi interattivi del corpo vivo con l’ambiente e gli altri ‘chi’.

Il corpo vivo, anni luce distante dal corpo dell’anatomia patologica della medicina, si muove sempre con una particolare intenzionalità all’interno di significati ‘incarnati’ nelle azioni in un campo inter-soggettivo fondamentale in cui le tradizionali distinzioni tra me e l’altro, tra me ed il mondo, svaniscono per ricomporsi in modi di essere del tutto particolari, eppure familiari.

Fenomenologia e ricerca scientifica

La fenomenologia, con la sua analisi dell’esperienza in prima persona, fornisce chiavi interpretative nuove e più raffinate in grado di dare un grosso contributo anche nell’ambito della ricerca scientifica.

I neuroni specchio ne sono un esempio: la loro attivazione sarebbe stata del tutto incomprensibile alla luce di un paradigma empirista e neopositivista della realtà.

Ed è proprio sul terreno di questa esperienza in prima persona, così familiare da essere data per ovvia e scontata, che si ri-trova la dimensione pratica in cui le connessioni tra mente-corpo e società divengono chiare ed evidenti.

Non servono difficili teorizzazioni psico-somatiche per capire come l’essere nervoso sia connesso ad una maggiore attivazione del sistema dello stress, correlato ad un indebolimento del sistema immunitario, legata all’importanza soggettiva di dover parlare in una situazione emotiva particolare (un convegno), senza essersi preparati adeguatamente. Se poi si aggiunge la dimensione storica della vita in cui si inserisce questa esperienza, tale reazione diviene più chiara, comprensibile, specifica: ad esempio, il convegno arriva dopo due anni di inattività e disoccupazione, caratterizzati dall’impossibilità di entrare in un istituto di ricerca.

Approccio bio-psico-sociale e analisi dell’esperienza

Elementi bio-psico-sociali, attraverso l’analisi dell’esperienza pratica di vivere, vengono ricomposti in un quadro coerente in cui al centro c’è la persona concreta. Non un ‘io’ impersonale e astratto che va bene per tutti, e per questo, di fatto non spiega il comportamento di nessuno in particolare.

L’esperienza di essere sé apre quindi a nuovi scenari in gradi di render conto dei nostri comportamenti, scenari tratti dall’esperienza pre-riflessiva di essere nel mondo. Esperienza ricca di significati a prescindere dal tipo di riflessione che un individuo può fare. I significati, stanno nelle cose, sono percepibili in modo immediato, essendo alla base delle nostre reazioni emotive più o meno automatiche.

I significati sono nella testa?

Siamo di fronte ad una rivoluzione copernicana del modo di concepire la coscienza ed i suoi significati.

I singificati in questa prospettiva, non sono elaborati e costruiti a posteriori, ma sono già pre-riflessivamente presenti. E la coscienza riflessiva se ne deve riappropriare per darne un senso più vero ed autentico. Il linguaggio, quindi, non  rappresenta la realtà esterna, ma diviene un determinato tipo di azione teso ad appropriarsi di questa realtà al fine di ‘muoversi’ concretamente nel mondo in vista di scopi e ragioni praticamente presenti in un determinato momento della propria vita.

Viene messo così in evidenza l’orizzonte pratico in cui azioni e pensieri acquistano senso, nonché lo sfondo essenziale in cui i nostri comportamenti acquistano senso.

Tale orizzonte è un fatto scientifico che non può essere ignorato essendo alla base dei confini di quel mondo in cui il nostro corpo vivo si muove, cornice sempre presente e incarnata nei nostri schemi motori, nella nostra costante tensione verso ‘il fuori’, che in realtà ci appartiene.

Nuove possibilità di ricerca

Accade così che, nell’utilizzare i concetti classici della psicologia scientifica, grazie alla fenomenologia ermeneutica ci ritroviamo in una nuova dimensione ricca di nuovi aspetti da indagare: ‘mente’, ‘se’, ‘coscienza’, non vengono più concepiti come ‘oggetti’ delle scienza naturali, ma come concetti che si riferiscono ad esperienze concrete.

La coscienza, ad esempio, diviene coscienza di essere sé stessi caratterizzata dalla tensione tra la dimensione dell’accadere di volta in volta (il presente, l’ipseità), costantemente in relazione con l’altro da noi che ci riflette e ci definisce, e la ripetizione in forme stabili di queste esperienze, che nel tempo divengono le abitudini alla base della nostra stessa identità (medesimezza).

Fino ad arrivare al ruolo del linguaggio, ossia al ruolo ‘effettivo’ che la fondamentale esperienza di raccontarci e raccontarsi ha sulla nostra vita pratica e nel rapporto con il corpo proprio e gli altri.

Ne esce una visione che apre a nuove intuizioni e possibilità nella ricerca scientifica, perché si riferisce a fenomeni osservabili e non a categorie astratte e vuote, di per sé ‘non falsificabili’, perché non riferite ad esperienze concrete.

Emozioni: vedere ‘come’ accade

Ad esempio un concetto banale come quello di ‘ansia’, si apre alle diverse modalità concrete in cui questo stato d’animo si sviluppa e articola, ai diversi ‘come’ di cui è fatto questo modo di essere: potremo distinguere così, le diverse modalità con cui le persone si preoccupano di fattori fuori dal proprio controllo, come il giudizio altrui (ansia sociale), il battito del proprio cuore (attacco di panico), un’erezione (disturbi sessuali), non mettendo a fuoco i ‘fatti e monumenti’ della propria vita che li hanno esposti ad un senso di fragilità non visto, riconosciuto e ricostruito nella propria genesi e che per questo produce uno stato d’animo non controllabile e di difficile gestione.

In questa visione, le emozioni assumono un ruolo del tutto nuovo: non sono reazioni passive ad un ambiente, ma sono le modalità fondamentali in cui si concretizza la nostra relazione con il mondo. Sono la base pre-riflessiva che apre i possibili domini d’azione, in un corpo sempre volto all’azione, sempre nell’atto di farsi nel presente, a partire dalle abitudini o dalle risposte imposte da un nuovo evento nel presente (ipseità), che coinvolge, o sconvolge, l’identità stessa della persona.

Autori di riferimento

Tra gli altri, gli autori fondamentali che hanno influenzato in modo decisivo questa svolta ontologica e metodologica della psicologia postrazionalista sono Heidegger, Ricoeur, Gadamer, Marleau Ponty.

Tale impostazione porta con sé grandi implicazioni nella cura e assistenza delle persone che soffrono di un disagio mentale e/o medico: ripartire dall’esperienza delle persone comporta grandi cambiamenti nelle pratiche cliniche dei professionisti della salute.

Il nostro obiettivo sarà quello di articolare tali implicazioni per comprenderne l’efficacia e sfruttare i vantaggi di questo mutato approccio allo studio dei fenomeni psicopatologici.

Approccio che non può accontentarsi di generiche definizioni. Diversamente, articolando concetti generali e ormai considerati ovvi, trova le modalità e le condizioni fattive concrete in sui si sviluppano patologie e comportamenti devianti.

L’approccio fenomenologico fornisce cornici concettuali nuove. Capaci di orientare in modo decisivo il clinico e la persona sofferente nella costruzione di un percorso di cura realmente efficace.

Efficace perché tarato sula persona.

D’altra parte, la persona in cura non solo ha voce in capitolo, ma è soggetto attivo e irrinunciabile di un adeguato processo terapeutico.

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